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Breve riflessione sul nuovo reato di arricchimento illecito

In occasione della recente Legge Organica 4/2022 del 22 dicembre, sul recepimento delle direttive europee e altre disposizioni per l’adeguamento della legislazione penale all’ordinamento dell’Unione Europea e la riforma dei reati contro l’integrità morale, il disordine pubblico e il contrabbando di armi a doppio uso, sono stati riformati numerosi aspetti del Codice Penale, tra cui l’introduzione del nuovo reato di arricchimento illecito (art. 438 bis CP), che è oggetto delle seguenti righe.

Come giustificato nella Relazione, l “inclusione di questo reato nel nostro diritto penale è dovuta alle raccomandazioni internazionali, in particolare alla Convenzione contro la corruzione del 2003, alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla lotta al crimine organizzato e all” annuncio del Presidente della Commissione europea nel 2022 di rafforzare la lotta alla corruzione nell “ambito dell” arricchimento illecito.

Nonostante il fatto che la Relazione esplicativa affermi che si tratta di una figura all’avanguardia nella lotta contro la corruzione, la verità è che la sua incorporazione nel nostro Codice Penale è stata presa in considerazione per anni e il legislatore non ha deciso fino ad ora, visti i dubbi legali e costituzionali sollevati da questo reato[1].

In sostanza, le principali difficoltà che circondano il reato di arricchimento illecito riguardano essenzialmente la sua collisione con il diritto alla presunzione di innocenza e il diritto di non autoincriminarsi. Tali problemi derivano dalla formulazione stessa del reato, come raccomandato nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, il cui articolo 20 prevede:

 

“Nel rispetto della sua Costituzione e dei principi fondamentali del suo sistema giuridico, ogni Stato Parte prenderà in considerazione l “adozione di misure legislative e di altro tipo che possano essere necessarie per stabilire come reato penale, se commesso intenzionalmente, l” arricchimento illecito, vale a dire un aumento significativo del patrimonio di un funzionario pubblico rispetto al suo reddito legittimo che non può essere ragionevolmente giustificato da lui.

 

Data la necessità di agire contro la corruzione, soprattutto in quei Paesi, come la Spagna, in cui è percepita dalla popolazione come uno dei problemi principali[2], il reato di arricchimento illecito, definito come arricchimento ingiustificato da parte di autorità o funzionari pubblici, può comportare problemi di costituzionalità, in quanto può portare a un’inversione dell’onere della prova, dato che pone a carico della difesa l’onere di dimostrare la legittimità dell’aumento sproporzionato della ricchezza. Allo stesso modo, oltre a contravvenire al diritto alla presunzione di innocenza, può anche scontrarsi con il diritto a non incriminarsi. Poiché l’incongruenza tra i redditi percepiti e quelli dichiarati può di per sé costituire un’indicazione di aver commesso in precedenza un reato (che si tratti di appropriazione indebita, corruzione, ecc.) che giustifica la necessità di avviare un procedimento penale, la formulazione del reato di arricchimento illecito, come abbiamo visto, obbliga l’imputato a provare la legittimità di ciò che può incriminarlo per la commissione di un altro reato; di conseguenza, lo priva del diritto di non incriminarsi.

Come conseguenza di questi evidenti problemi di costituzionalità, molti Stati hanno diffidato di questo reato, dichiarandolo addirittura incostituzionale in alcuni Paesi, come il Portogallo (nel 2012 e nel 2015), che ha costretto il legislatore portoghese a ridefinire questo reato come reato di disobbedienza per renderlo compatibile con la sua Costituzione e, in sostanza, con il diritto alla presunzione di innocenza.

Viene riportato il dibattito che si è svolto in relazione a questo reato, poiché senza di esso non si può comprendere la regolamentazione che è stata finalmente data all’arricchimento illecito con la LO 4/2022.

L’articolo 483 bis del Codice Penale recita:

 

“L’autorità che, durante l’esercizio della sua funzione o del suo ufficio e fino a cinque anni dopo aver cessato di ricoprirlo, abbia ottenuto un aumento del patrimonio o una cancellazione di obblighi o debiti per un valore superiore a 250.250.000 euro in relazione al suo reddito accreditato e rifiuta apertamente di adempiere ai requisiti degli organi competenti volti a verificare la loro giustificazione, sarà punito con una pena detentiva da sei mesi a tre anni, una multa fino a tre volte il beneficio ottenuto e l’interdizione speciale dall’impiego o dalla carica pubblica e dall’esercizio del diritto di suffragio passivo per un periodo da due a sette anni”.

 

Avendo definito il reato di arricchimento illecito in questo modo, vediamo che il legislatore spagnolo ha scelto di profilarlo, sulla falsariga del Portogallo, più come un reato di disobbedienza. L’interesse giuridico tutelato è la necessità di trasparenza da parte delle autorità, come mezzo per incoraggiare la fiducia del pubblico nelle istituzioni[3].

In linea con ciò, l “Articolo 438 bis del Codice Penale definisce il reato di arricchimento illecito come un reato speciale a sé stante che considera solo le autorità come soggetti attivi, escludendo i funzionari pubblici dalla cerchia dei possibili autori. Questo perché il legislatore sembra aver inteso che questo reato sia limitato a coloro che, in virtù della loro posizione, sono obbligati a dichiarare i propri beni. Tuttavia, va sottolineato che, in base al concetto di autorità previsto dall” Art. 24 del Codice Penale, possiamo comprendere che le autorità che non hanno l “obbligo o il dovere di dichiarare i propri beni, ossia la Procura della Repubblica, possano essere soggetti del reato; oppure, al contrario, esclude i funzionari di alto livello che non hanno lo status di autorità ma che hanno l” obbligo di dichiarare i propri beni come soggetti attivi. [4]

Per quanto riguarda l’azione tipica, va notato che si tratta di un reato di mera attività che consiste nel rifiutare di fornire le dovute spiegazioni agli organi competenti in relazione alla loro constatazione di arricchimento ingiustificato.

L’arricchimento ingiustificato è inteso come un aumento delle attività, ma anche come una diminuzione delle passività (cancellazione degli obblighi o annullamento dei debiti).

Va notato che un altro degli elementi che sono stati inclusi nella formulazione finale del reato di arricchimento illecito, al fine di renderlo compatibile con il principio della frammentazione del diritto penale e dell’ultima ratio, è quello di stabilire un importo minimo punibile.

La delimitazione dell’importo minimo dell’aumento illecito a 250.000 euro, tuttavia, ci porterà probabilmente a trovarci nella pratica con un concorso del reato fiscale, dal momento che qualsiasi aumento ingiustificato di oltre 120.000 euro prodotto in un anno fiscale è tipico ai sensi dell’articolo 305 del Codice Penale[5].

Infine, il periodo di tempo in cui deve avvenire questo aumento patrimoniale non dichiarato comprende il periodo in cui la persona ricopre la carica o fino a cinque anni dopo aver lasciato la carica.

Senza dubbio, l’introduzione di questo reato nel nostro sistema giuridico obbedisce al desiderio di perseguire la corruzione delimitando ulteriormente, se possibile, gli spazi in cui i corrotti possono godere dei loro guadagni illeciti. Tuttavia, la regolamentazione del reato nella forma che abbiamo appena visto, sebbene sembri aver evitato la sua incompatibilità con il diritto fondamentale alla presunzione di innocenza, è definita in modo tale che la sua applicazione pratica è dubbia e resta da vedere, tra le altre ragioni, perché non contempla la possibilità di commettere il reato attraverso un intermediario, sia esso persona fisica o giuridica[6].

 


[1] https://www.lavanguardia.com/vida/20210604/7506626/campo-debate-sobre-delito-enriquecimiento-ilicito-esta-actualidad.html

[2] https://www.newtral.es/corrupcion-espana/20230210/

[3] BLANCO CORDERO, Isidoro “El delito de enriquecimiento ilícito desde la perspectiva europea. Sobre su inconstitucionalidad declarada por el Tribunal Constitucional Portugués” in Revue électronique de l’AIDP, 2013.

[4] QUINTERO OLIVARES, Gonzalo “Una guarnición: el enriquecimiento ilícito”, in https://almacendederecho.org/una-guarnicion-el-enriquecimiento-ilicito.

[5] BLANCO CORDERO, ibidem.

[6] BLANCO CORDERO, ididem.